NÉ IN CIELO, NÉ IN TERRA

di DUCCIO CAMERINI

 

con

LUISA AMATUCCI

GERMANO BELLAVIA

ALBERTO ROSSI

 

musiche

ANTONIO ANNONA

luci

PASQUALE NETTI

 

regia

STEFANO AMATUCCI

La trama di questo spettacolo fa pensare ad un film americano uscito nelle sale cinematografiche degli anni Cinquanta, intitolato “Bastano tre per fare una coppia”.

Eh sì, perché i protagonisti di Né in cielo, né in terra si muovono all’interno di un triangolo amoroso davvero singolare. Tutto risulterebbe più semplice, infatti, se i diretti interessati fossero i classici “lui, lei, l’altro”; ma siccome I’immaginazione umana non conosce limiti né confini qui ci troviamo di fronte a “lui, lei e lui”. In breve la storia o meglio il delirio: Ginevra ed Emanuele sono sposati, ovvero si trovano in quella dimensione post-matrimoniale per cui è più diplomatico abolire l’avverbio “felicemente”. Il dialogo tra i due si limita alle chiacchiere di un tè fra conoscenti, il sesso è un elogio della pigrizia, l’emozione è una parola che suscita pesanti imbarazzi. Eppure il limbo dei sentimenti ancora non abita il cuore dei nostri protagonisti, entrambi bisognosi l’una dell’altro, ma incapaci di confidarselo. Ma se Emanuele tenta goffi approcci verbali per attirare l’attenzione, distratta, di sua moglie, quest’ultima impallidirebbe al solo pensiero di sopportarlo così come è.

Il problema è che desidera ancora suo marito, ma lo vorrebbe completamente diverso, sogna un giovane consorte appassionato al posto di un turbinio infinito di desolanti comunicazioni domestiche, qual è ormai Emanuele. L’imprevisto irrompe, così, nella loro vita, anche se non ha nulla a che vedere con le cosiddette corna. Sì, perché Ginevra l’amante lo incontra in casa sua ogni volta che lo desideri. Un amante insostituibile, inimmaginabile: in pratica Emanuele. No, non si tratta di un gioco erotico architettato dai due coniugi per vivacizzare il rapporto, ma di un individuo identico ad Emanuele, materializzato dall’inconscio di Ginevra. Un compagno nuovo di zecca, uguale fisicamente a suo marito, ma completamente differente nel carattere e negli atteggiamenti. Un essere da plasmare, educare, appassionare, che, compare nello sgabuzzino dell’atelier (vano della villa dove Ginevra si dedica all’hobby del taglio e cucito) quando lei ne evoca la presenza con la forza del pensiero. Emanuele, quello originale, morso dal sospetto, come un Otello impazzito, assolda un suo vecchio compagno di scuola, Pittaco, per controllare, spiare, fotografare e registrare le mosse di Ginevra, quando lui è fuori casa. Pittaco, il bravo investigatore sfigato, indaga e soprattutto, documenta. Per Emanuele comincia il dramma, le sue nevrosi si amplificano e il suo clone immaginifico, prende il sopravvento, rivelandosi, con il tempo, un gran rompiscatole. Pittaco si arrende, alla realtà dei fatti; realtà assurda ma pur sempre realtà, mentre il nostro marito infelice comprende, che forse non tutto è perduto. Riuscirà a riconquistarla?

Chissà, in fondo simili avventure non accadono mai, né in cielo né in terra!

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