SANTOS

da un racconto di ROBERTO SAVIANO

adattamento teatrale MARIO GELARDI e GIUSEPPE MIALE DI MAURO

 

con

IVAN CASTIGLIONE 

FRANCESCO DI LEVA

GIUSEPPE GAUDINO

GIUSEPPE MIALE DI MAURO

ADRIANO PANTALEO

 

voce

RAFFAELE AURIEMMA

 

 

scene

LUIGI FERRIGNO

costumi

GIOVANNA NAPOLITANO

musiche

FRANCESCO FORNI

luci

FRANCESCO SABATINO

 

regia

MARIO GELARDI

 

 

 

 

Santos è un racconto di Roberto Saviano, uscito in una raccolta, ma praticamente sconosciuto.

È la storia di quattro ragazzini che vengono assoldati come vedette della camorra. Il loro compito è quello di giocare a calcetto in una piazza ed avvisare quando arriva la polizia o qualcuno sospetto. Saviano racconta la carriera dei ragazzi, che si trovano a scegliere tra il calcio e la delinquenza.

Il gioco come metafora della vita, il calcio come unica soluzione per uscire da una vita che appare misera.

I ragazzi si trovano a dover scegliere da che parte stare, se continuare a guadagnare soldi facili con attività che diventano sempre più criminali o abbandonare tutto e provare a realizzare i loro sogni.

Santos è una storia ambientata a Napoli, ma non necessariamente napoletana. Saviano descrive le vicende di quattro ragazzi e di un giovane boss in ascesa e quella di un vecchio capoclan, ma descrive anche un piccolo mondo che potrebbe essere quello di una qualsiasi piazza di paese.

Santos, il titolo viene dal pallone arancione usato dai ragazzi per giocare a calcio, è una storia densa di emozioni ed avvenimenti, ha una scrittura forte e dinamica come è tipico del Saviano scrittore.

Ci ha colpito particolarmente la storia di uno dei ragazzi che, per la passione del calcio, per l’emozione di proseguire un’azione di gioco durante una partita, viene espulso dal gruppo e proprio per questo si salva da una vita fatta di espedienti e criminalità.

 

Note d’autore

Ho sempre pensato che ovunque e in ogni vita potesse esistere una possibilità di salvezza. L’ho sempre pensato, ma ne ho avuto certezza quando ho conosciuto Lionel Messi, il centravanti argentino, o quando ho seguito gli allenamenti dei pugili di Marcianise prima che andassero alle Olimpiadi. Il Sud Italia e l’Argentina sono due terre difficili in cui lo sport è una possibilità che va ben oltre il sogno di una vita migliore. Ho scritto Santos pensando ai ragazzini della mia città che giocano a calcio in strada. Ogni piazza, ogni slargo, ogni angolo per loro diventa un campo improvvisato, uno stadio che ospita i passanti. I ragazzi che giocano nei quartieri più disagiati, nelle periferie che tante volte ho descritto, spesso non guardano al futuro con ottimismo; a volte non pensano nemmeno di averlo un futuro, intrappolati come sono in una terra che ha così poco da offrire. Ma in Santos c’è qualcosa di diverso: la speranza diventa una possibilità concreta di salvezza e inseguire la propria passione, segnare quel goal, ti può salvare la vita. I ragazzi protagonisti di Santos non lasciano nulla di intentato, ci provano a realizzare il loro sogno, perché come diceva Maradona: “I rigori li sbaglia solo chi ha il coraggio di tirarli”.

Santos per me – e per chi insieme a me ci ha lavorato, Mario Gelardi, Giuseppe Miale di Mauro e Ivan Castiglione – è la luce alla fine di un tunnel buio e lungo. Santos è una gioia semplice: è la gioia di una partita a pallone fatta per strada, da piccoli. E adesso che per strada a pallone non gioco più, mi piace rivivere quei momenti e restituirne la spensieratezza tutta infantile, la convinzione irrazionale che un giorno le cose possano cambiare, e non solo per noi stessi. Mi piace pensare che la mia terra, nonostante tutto, abbia ancora qualcosa da offrire.

Roberto Saviano

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